Matrix – Verità presunta
Le sculture di Emanuele Giannelli congelano la condizione umana attuale e ce ne sottopongono una visione che potrebbe non piacere: è possibile, addirittura probabile, che il mondo contemporaneo stia trasformando sostanzialmente l’uomo e che una delle caratteristiche salienti di questo nuovo essere sia paradossalmente una carenza di umanità. Nessuno potrà affermare tale verità in modo inconfutabile ma la sensazione è che a governarci siano sempre più codici numerici e non codici morali. Le figure umane di Giannelli, molto spesso a dimensione naturale proprio per amplificarne il loro carattere realistico, descrivono umanoidi, ovvero esseri dalle fattezze umane, che esibiscono caratteristiche appartenenti ad un mondo tecnologico. Le stesse innovazioni tecnologiche che l’uomo ha prodotto durante il processo evolutivo della propria condizione diventano applicazioni “migliorative” di se stesso che sempre più diventa androide (dal greco ανήρ anēr, che significa «uomo», e il suffisso -οειδής -oidēs, da -ειδής -eidēs, usato per significare «della specie; simile», da εἶδος eidos «aspetto»).
La storia e la mitologia ci raccontano esperienze vere o presunte di tentativi di perfezionamento della specie umana: dal mito ebraico del Golem, il gigante di argilla fedelissimo al suo creatore e dotato di forza straordinaria, alle famose vicende del dott. Victor Frankenstein e della sua incontrollata ambizione creativo…Alla base di queste novelle come dei più evoluti studi scientifici c’è il principale motore della ricerca umana: il desiderio di miglioramento della propria condizione fino al perseguimento di un ideale di perfezione e all’ottenimento della lunga vita. Il gesto di Prometeo che ruba il segreto del fuoco agli dei dell’Olimpo è quanto di più vicino alle attuali aspirazioni terrene. L’etica ci smuove e produce quesiti sulla misura che gli interventi della scienza possano avere. L’opera di Emanuele Giannelli è una esemplificazione dei possibili risultati di un percorso già in atto e in qualche modo irreversibile. Le ipotesi peggiori conducono ad una generalizzata omologazione secondo cui tutti avremo una stessa pelle (opera Double Skin) che qualcuno ha stabilito unilateralmente essere migliore delle altre, le nostre mucose e parti sensibili potrebbero diventare spinotti (opera Dizzy Two e Signor Jeak) per essere collegati, connessi e forse privati di energia e sensibilità individuale. Come nel successo cinematografico “Matrix” (1999, regia fratelli Wachowski) la società sarà descritta da codici binari e le persone saranno collegabili a server studiati per controllare milioni di connessioni e regolarne il funzionamento; attaccare e staccare una spina sarà sempre più un gesto di responsabilità. In questa nuova realtà elettrica si avanza in massa (opera I Visionari), con abiti che sono divise, ad occhi chiusi o con gli occhi protetti da lenti scurissime, la luce è accecante o c’è qualcosa che è bene non vedere, una situazione simile a quella di un’eclissi permanente.
Gli uomini di Giannelli ancora privi di legami e appendici sono “Sospesi” o come inchiodati al muro, vengono definiti “Bipedi” come se a descriverli non siano più la loro indole o i loro sentimenti ma soltanto la loro inclinazione fisica a muoversi su di una superficie, la loro sola appartenenza ad una specie animale.
L’opera “Bipede” forse più di altre dà l’idea della contraddizione che vede l’uomo artefice e carnefice di sè stesso, il proprio desiderio di auto-perfezionamento a tutti i costi, la patologica insoddisfazione della propria condizione ci costringe ad operare su noi stessi, ad agire e, in un secondo momento, subire l’ardire delle nostre azioni. Se il suo digrignare i denti e stringere le mani a pugno potrebbero essere un preludio alla ribellione, un sintomo di ritrovata ragionevolezza, la condizione di immobilità fa pensare ad un vero e proprio congelamento, l’estremo atto di imposizione e controllo su chi avrebbe preferito la libertà. Una punizione proprio come quella inflitta al titano Prometeo incatenato ad una rupe da Zeus. Ancora un rimando cinematografico, alla saga “Guerre Stellari” di George Lucas e al personaggio del comandante Ian Solo, eroe positivo che viene neutralizzato e ibernato nella grafite per diventare merce di scambio.
Giannelli è visionario quanto gli autori citati, i protagonisti della sua scultura sono personaggi di un possibile futuro che molti ormai scongiurano e che molti altri non cercano in nessun modo di evitare.
L’approccio di Giannelli alla materia rappresenta uno dei felici casi di salvaguardia della tradizione in funzione di un risultato innovativo: la scultura nasce dal lavoro classico della creta, prende poi la via più moderna di un materiale come la resina consentendone la moltiplicazione. L’arte di Giannelli è di per sè una figura retorica, una metafora secondo cui il procedimento creativo dell’opera è già significante del messaggio che l’opera stessa cercherà di suggerire.
Nel ricco curriculum di Emanuele Giannelli la mostra alla Minigallery di Assisi segue le importanti esposizioni di Viareggio a Villa Argentina a cura di Niccolò Bonechi e la grande personale del 2015 a Palazzo Collicola a Spoleto curata da Gianluca Marziani in occasione del Festival dei Due Mondi.
Stefano Frascarelli