Franco Corradini approda alla Minigallery di Assisi a seguito di un felice incontro in un pomeriggio di vacanza in Umbria durante il quale il pittore piacentino ha scovato la piccola galleria passeggiando per strade e vicoli rimanendone affascinato… Per Corradini camminare e percorrere luoghi di particolare valore spirituale è già stato motivo d’ispirazione:
l’artista percorre il Cammino di Santiago, scrive e disegna la sua emozionante avventura nel libro “Buscando Luz”. Nasce da questa esperienza la pittura degli anni Duemila, che porta lo stesso titolo: una instancabile ricerca sulla luce, in cui convergono tecniche “altre”, come le vetrate e gli interventi xilografici.
Il suo lavoro da anni è affidato alle cure della Galleria Carzaniga di Basilea.
Ad accompagnare la mostra un testo dell’artista Mario Raciti.
MARIO RACITI scrive a FRANCO CORRADINI
Caro Corradini,
anche se oggi sono lontane ipotesi, vorrei ancora pensare che esistano artisti che, vivendo in campagna, tra verdi colline, mi suggeriscano immagini di sognatori solitari che, come scriveva Li-Po alcuni secoli fa (…”lontano da discorsi e discordie, hai la testa appoggiata a un guanciale di nuvole azzurre”…), si beano nella pace di un’arte senza tempo. Ma sono arrivate, dalla silenziosa Val Tidone, puntuali le tue immagini a smentirmi. Da pittore a pittore, più che a una disamina storico-critica, che poco mi compete, voglio dirti tout-court che mi tocca il tuo fare tutt’altro che beato, la tua voglia contrastata di non poter santificare una natura, nella tua pittura avviluppata di strati, assemblaggi, materie, come in una dolorosa ricerca di uscita da un tunnel. Il tunnel è quello della nostra condizione ormai malamente globalizzata: non esistono più campagna o città, nei tempi e luoghi certi; la nostra è epoca di dubbiose confusioni, per addomesticare le quali alcuni hanno fatto diventare perentorio il banale, ufficiale la cretineria. E i pochi che tentano ancora di opporre, su un terreno così friabile, una volontà di valori, devono scontrarsi con un mondo che non sa, non vuole sapere più, perché oramai costruito su altro. E così si urtano porte chiuse, si agisce in un ambito dove crisi, lotte, incertezze tengono campo. Il tuo fondo lirico credo debba fare i conti con tutto questo. E così penso che il tuo voler fluire verso una natura luminosa sia alquanto ostacolato: sulle tue tele si alternano infatti, nella tua rabbia gioiosa, geroglifici e scansioni di griglie, tavole perforate, incise, divise a sconnettere la superficie, un dentro e fuori di materiali, cornici svuotate, spessori e evanescenze di colori, irruenze e pacatezze, irrequietezze, sospensioni…
“Non sono capace di finire un quadro con una tecnica sola”, mi scrivi, nella tua ricerca di conciliazione degli opposti.
Forse la soluzione che cerchiamo si trova proprio nell’irrisolvibilità di certe situazioni. Il dubbio che si fa dramma, una problematica che diventa “forte” per la sua inconciliabilità, un cercare accanito perché non trova, potrebbero essere ingredienti atti a formare, nel crogiolo delle nostre pulsioni, il metallo di un risultato poetico.
Sono vie molto difficili; cercare una soluzione nel contrapposto può essere una contraddizione in termini. Elio Franzini, nel volume “Fenomenologia dell’Invisibile” distingue tra le forme dell’invisibile, che si ammanta nel simbolo, e dell’irrappresentabile, sulla soglia del solipsismo formale che, secondo Kant, confinerebbe col “disgusto”. Ma seguendo la logica, le soluzioni non vengono.
Ofelia è morta tra i fiori, cantando. Dal bisogno a volte sgorga il canto. La tua natura di fondo è lirica, non disdegni rammentare gli echi del mondo “beato” di un’infanzia perduta. Nelle tue opere più recenti credo di individuare scansioni più dosate, trapelano più espansi messaggi di luce.
Voglio utopicamente augurarti, proseguendo lungo la tua strada, la certezza di un grande campo luminoso.
Mario Raciti